di Marcello Pacifico
Dovendo individuare interventi mirati alla riduzione della lunghezza dei processi, ritenuta causa, oltrechè di disagi per la collettività, anche di danni sul fronte dell’economia in termini di diminuzione del PIL nazionale, la task force messa su dal Governo per dare risposte immediate alla UE, pena la mancata erogazione delle risorse del Plan Recovery, non ha pensato ad altro – ma forse non è stata messa nelle condizioni di farlo – che a nuovi interventi sul processo civile.
Se ne sono contati almeno una ventina nel corso dell’ultimo decennio, tutte riforme a costo zero (per lo Stato) che si sono limitate, e direi anche accanite, a limare termini e scadenze processuali ed a comprimere le attività defensionali, senza mai andare ad incidere su quello che ormai anche le pietre sanno, ossia che la eccessiva lunghezza delle cause civili è legata alla fase della decisione, il vero collo di bottiglia del processo, cui nessun legislatore/ riformatore ha mai voluto/potuto mettere mano.
La riforma in cantiere va nella stessa direzione delle precedenti, ed anzi è anche peggiorativa perchè oltre a restringere ulteriormente l’ambito delle attività del difensore ed a comprimere ancor di più il diritto del cittadino di accedere alla giurisdizione statale, introduce elementi di carattere sanzionatorio/ punitivo, ad esempio sanzioni pecuniarie per chi abbia malauguratamente resistito in giudizio “con colpa grave”, per questo “meritando” una ulteriore punizione oltre al pagamento di un altro contributo unificato.
La logica del legislatore resta pertanto quella di dissuadere chi abbia necessità di rivolgersi al giudice dal farlo, offrendo a tal fine al cittadino soluzioni alternative a dir poco improbabili e che, alla luce delle esperienze del passato, finiranno anch’esse per rivelarsi inefficaci perché l’annoso e gravoso problema della lunghezza dei processi necessita di ben altri interventi, in particolare di maggiori risorse umane e finanziarie.
Ci vorrebbero più magistrati, tanti di più (l’Italia è uno dei Paesi europei in cui più basso è il rapporto popolazione-magistrati), ma i magistrati costano e aumentarne il numero farebbe lievitare non solo il costo per i nuovi giudici, ma anche altri costi per così dire indiretti, ossia più personale negli uffici, più spazio, più strumenti tecnologici). Per non dire che ci vorrebbe del tempo per il loro reclutamento e di tempo ce n’è poco, l’Europa non aspetta.
Non c’è da illudersi, se è vero che solo un anno fa l’ex Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede rispondendo ad una interrogazione parlamentare circa il trattamento dei Magistrati Onorari, anche alla luce della sentenza “UX” della Corte di Giustizia Europea (Corte Ue, sentenza 16 luglio 2020 C-658/18, che ha riconosciuto ai magistrati onorari lo status di Giudici europei e di lavoratori subordinati a tempo determinato), ha precisato che la loro esistenza “è legata alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della magistratura professionale”. Detto in soldoni, il messaggio dell’ex guardasigilli era questo: se volete più magistrati c’è da ridurre i loro stipendi.
Meglio continuare allora a nominare giudici onorari ma senza riconoscere loro un’equa retribuzione e lasciandoli privi di garanzie previdenziali ed assistenziali. Meglio allargare i confini della mediazione obbligatoria, confidando che possa dare risultati migliori in termini numerici rispetto a quelli fin qui registrati. Meglio insistere sugli uffici del processo, infarcendoli di stagisti, tirocinanti, che però continueranno ad essere presenze saltuarie, alternative, di qualità improbabile. Meglio radicare ulteriormente le udienze da remoto, più ancora quelle a trattazione scritta, che tutto sommato tengono anche più lontani gli avvocati ed i loro clienti dalle aule dei tribunali. Insomma, si cambi tutto perché nulla cambi.
Anche questa ennesima riforma è pertanto destinata a cambiare poco e nulla nella giustizia italiana, non ne migliorerà l’andamento, semmai le farà fare un passo indietro quanto a democrazia, a rispetto di valori costituzionali, ad un equilibrio necessario tra i suoi protagonisti.
*DR de La Rassegna degli Avvocati Italiani